Prima domenica
Dal Vangelo secondo Marco (Mc 1, 12-15)
In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano.
Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
Senza pretese di esaustività, proponiamo qualche spunto di riflessione che, insieme all’omelia ascoltata nelle nostre parrocchie ed alla meditazione personale, potrebbe essere utile.
Gesù viene sospinto dallo Spirito. La totale comunione d’amore tra le persone della Trinità esclude nel modo più assoluto che il Signore sia stato costretto a questo ritiro, ma il termine ci fa capire che l’umanità di Gesù, sempre intesa come modello per i discepoli di ieri e di oggi, si lascia guidare, sente vera per sé la parola ispirata, secoli prima, al profeta Isaia: ”Non temere, perché io sono con te; non smarrirti, perché io sono il tuo Dio. Ti rendo forte e ti vengo in aiuto e ti sostengo con la destra della mia giustizia.” (Is 41,13)
Nel deserto succede qualcosa di inatteso: Gesù, Figlio di Dio, Verbo eterno del Padre, viene tentato da Satana. Altri evangelisti raccontano i dettagli di questo
combattimento spirituale, mentre Marco li lascia in ombra, forse perché vuole che ognuno ci veda le proprie battaglie interiori, le proprie difficoltà spirituali, le proprie prove. E nella prova, nella difficoltà, nella battaglia, ognuno può cercare forza in colui che ha vinto il male: “ Non piangere più; ha vinto il leone della tribù di Giuda, il Germoglio di Davide” (Ap 5,5)
La tentazione non è un peccato, non è essa stessa una debolezza: è la comune eredità umana, l’avere enormi potenzialità sia nel bene che nel male, l’avvertire la
spinta interiore al male insieme al desiderio di essere buoni, per usare il termine più chiaro possibile. Davanti alla tentazione siamo tutti inermi, non dobbiamo vincere noi, non possiamo pretendere di uscire trionfatori dallo scontro: l’unica possibilità è affidarci a Dio stesso, al Salvatore che viene nella nostra storia proprio per liberarci dal peccato e dalla morte, per vincere in noi. E questo non è arrendersi, non è abdicare alle proprie responsabilità, e non è neanche debolezza. تكساس هولدم Questo è
appartenere a Cristo. “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20).
Dopo questo ritiro di preparazione, Gesù inizia la propria predicazione chiedendo al popolo di Israele proprio di affidarsi al SIgnore. طريقة لعب البلاك جاك Proclama il Vangelo di Dio, la buona notizia che viene da Dio e che parla di Dio. لعبة عجلة النقود E questa notizia è che il regno viene per tutti. A volte, nella vita di tutti i giorni, annunciare un arrivo suona come una minaccia, ma non qui: Dio non viene a distruggere, ma a creare, a rinnovare. Ecco perché serve una conversione, una disponibilità ad assumere una nuova mentalità ed un nuovo comportamento. Come l’innamoramento, come il matrimonio, come la nascita di ogni figlio, come una nuova vera e profonda amicizia, e anche più di tutti questi eventi, l’arrivo del regno di Dio cambia tutto, ma lo cambia in meglio.
“ Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me. Il vincitore lo farò sedere con me, sul mio trono, come anche io ho vinto e siedo con il Padre mio sul suo trono.” (Ap 3, 20-21) .