Quarta domenica
Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 3,14-21
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».
Il Vangelo della quarta domenica di Quaresima ci apre alla riflessione sul senso della Pasqua e sul senso della nostra esistenza oggi. La prima parte del brano fa riferimento al passo biblico dell’Esodo, all’uscita dall’Egitto del popolo d’Israele che cerca la libertà dalla schiavitù. A quel punto Mosè si trova ancora a metà della traversata, alle spalle il Mar Rosso, davanti a sé la terra promessa, forse, che però ancora non vede, e dunque nel mezzo dell’impresa, quando solo la fede in Dio lo sostiene e lo fa essere guida sicura del suo popolo. Come non ritrovarsi oggi nella stessa condizione, in mezzo al deserto che stiamo attraversando e con l’incertezza che ci attanaglia di fronte a una situazione esistenziale e collettiva così difficile di cui mai prima d’ora avremmo potuto comprenderne l’esistenza? Non ci troviamo anche noi nel mezzo del nostro deserto?
Come in quella occasione così oggi, si legge nel testo, poco prima che il tempo pasquale si compia, è necessario innalzare il Cristo, il Figlio dell’uomo che è stato donato da Dio agli uomini per la loro redenzione. Dunque Dio, nel mezzo della tempesta delle nostre esistenze, nel pieno della pandemia e a un passo dal lockdown, ancora una volta ci dona suo Figlio in questa Pasqua 2021. Come dobbiamo intendere questo dono che ogni anno si rinnova? L’evangelista ci aiuta e lo afferma chiaramente: è il dono più bello perché “la luce è venuta nel mondo” non per condannare l’uomo ma per salvarlo definitivamente, per assicurargli la vita eterna.
Il passo si sofferma in maniera poetica sul ritmo ternario luce, buio, luce: prima la luce è venuta al mondo, poi il buio “ma gli uomini hanno amato più le tenebre” e ancora la luce, ricercata dall’uomo che tenta di riavvicinarsi ad essa, perché “chi fa la verità viene verso la luce”.
Tutto il brano da una prima situazione di difficoltà si apre dunque al dono e infine alla luce che l’uomo può accogliere nella sua esistenza attraverso la pratica della verità. E’ forte in questa sequenza l’apertura finale dell’intero brano, apertura, chiaramente, alla speranza cristiana. Nonostante gli uomini rifiutino, per scelta o anche per distrazione, la luce, chi opera nella verità si apre nuovamente ad essa e può aspirare alla felicità, ossia all’appagamento della propria esistenza.
La speranza cristiana ci parla di un Tempo Altro, ma non illudiamoci, esso non è il solo da compiere. Il Regno di Dio si costruisce qui e oggi, come ci ricorda lo stesso evangelista in un passo di una lettera dove ritorna il richiamo alla luce: “Chi ama suo fratello, rimane nella luce e non vi è in lui occasione di inciampo. Ma chi odia suo fratello, è nelle tenebre” (1Gv 2, 10-11).
Ecco il passo avanti da compiere: oggi possiamo essere figli della luce amando chi è accanto a noi in questo tempo così difficile. Immaginiamo quanto può fare l’amore nelle nostre esistenze in un tempo in cui esse vengono messe a dura prova. Chi è mio fratello? Come possiamo identificarci in queste parole come comunità educante? Comprendendo che è l’amore, insieme alla speranza che questo amore suscita in me, a poter rendere ricca la mia vita oggi, in un tempo di prova.
Tentiamo allora di soffermarci su quanti fratelli possiamo incontrare nelle nostre vite, siano essi figli, compagni, colleghi, madri e padri, vicini di casa, persone sole, altri da noi che ci aiutano nelle vicende quotidiane e che mettono a disposizione il proprio tempo e la propria vita per gli altri. Fratelli tutti, a prescindere dalla condizione di ciascuno, nell’amore, come ci ricorda Papa Francesco nell’ultima enciclica, proprio facendo riferimento all’ultimo passo giovanneo citato sopra: “E’ l’amore che rompe le catene che ci isolano e ci separano, gettando ponti; amore che ci permette di costruire una grande famiglia in cui tutti possiamo sentirci a casa… Amore che sa di compassione e di dignità” (Papa Francesco, Enciclica Fratelli tutti, n. 62). Sta a noi comprenderlo in questo tempo così duro e provare a metterlo in pratica per illuminare le nostre esistenze, nella verità.