Sesta domenica
Dal Vangelo secondo Marco
Costrinsero a portare la sua croce un tale che passava, un certo Simone di Cirene, che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e di Rufo.
Condussero Gesù al luogo del Golgota, che significa «Luogo del cranio», e gli davano vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese.
Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse ciò che ognuno avrebbe preso. Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. La scritta con il motivo della sua condanna diceva: «Il re dei Giudei». Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra.
Quelli che passavano di là lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Ehi, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso scendendo dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi, fra loro si facevano beffe di lui e dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo!». E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.
Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Alle tre, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Ecco, chiama Elia!». Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere». Ma Gesù, dando un forte grido, spirò. Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse:
«Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!».
Vi erano anche alcune donne, che osservavano da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salome, le quali, quando era in Galilea, lo seguivano e lo servivano, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme.
Come ogni anno, ci viene “rappresentato al vivo Gesù Cristo crocifisso” (Gal 3,1).
Non è il giorno delle parole. La passione del Redentore non si commenta: si contempla, si adora, soprattutto si accoglie.
Marco è come sempre il più sintetico nei suoi racconti, ed è proprio questa brevità che ci costringe ad affrontare direttamente l’enormità e la follia della croce (1Cor
1,25). La chiave di lettura non ce la danno gli apostoli, che sono fuggiti all’arresto del Maestro, né le donne, che osservano da lontano, né Simone di Cirene, che è
costretto con la forza ad aiutare Gesù. A cogliere il messaggio è un Romano, un pagano, uno degli esecutori materiali, diremmo oggi, di questo omicidio politico.
“Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!” Il Messia, il Salvatore, il Dio con noi non si riconosce dall’onnipotenza, né dalle folle che lo seguono: si riconosce perché dà la sua vita. Facciamo silenzio, allora, dentro e fuori di noi; adoriamo l’amore che non è amato, come diceva S. Francesco, e cerchiamo di accogliere con umiltà un dono tanto grande.
“Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici.” (Gv 15,13)
Questo è l’amore del Crocifisso per noi, questo è l’amore che, se lo accogliamo, ci renderà capaci, nelle grandi e nelle piccole vicende del nostro quotidiano, di dare la
vita, e di farlo con gioia.